| L'allarme acqua è sempre più forte. Il dato emerge dal rapporto del Wwf lanciato in tutto il mondo, alla viglia della Giornata mondiale della acque in programma giovedì, illustra le sei principali minacce che mettono a rischio i 10 più grandi bacini fluviali del mondo. Il Nilo in Africa, il Gange, l’Indo, lo Yangtze, il Mekong e il Salween in Asia, il Danubio in Europa, il La Plata, il Rio Grande in America, e il Murray in Australia.
Negli ultimi 50 anni, gli ecosistemi (compresi quelli idrici) hanno subito alterazioni più profonde che in qualunque altro periodo storico: rapida crescita demografica, sviluppo economico e industriale hanno causato trasformazioni dell’ecosistema acqua che non ha precedenti e che in qualche caso mostra segni di irreversibilità. Se non si interverrà per mitigare l’impatto che deriva da cambiamenti climatici, infrastrutture (porti, dighe), eccessiva captazione delle acque, inquinamento, sfruttamento della pesca, specie invasive, la posta in gioco sarà la loro sopravvivenza e quella delle popolazioni che da essi traggono sostentamento.
A titolo di esempio vale ricordare che il 41% della popolazione mondiale vive in bacini fluviali sottoposti a profondo stress idrico, più del 20% delle 10.000 specie d’acqua dolce si sono estinte o sono gravemente minacciate come conseguenza di alterazioni e perdita di habitat, eccessiva captazione delle acque, inquinamento, aumento di specie invasive e sfruttamento non sostenibile delle risorse ittiche.
I fiumi costituiscono l’insostituibile scorta d’acqua del Pianeta: una volta distrutti, che ne sarà delle risorse, e della stessa sopravvivenza dell’uomo che da esse dipende? Indo e Nilo subiscono più di altri l’impatto dei cambiamenti climatici: il primo è per più del 30% in condizioni di siccità per la scomparsa dei ghiacciai da cui dipende e il secondo subisce in modo drammatico l’innalzamento della temperatura globale al punto che il fiume più lungo del mondo ha cessato di riversare nel Mediterraneo acque dolci, provocando un’alterazione nei livelli di salinità in corrispondenza del delta.
Dallo stato di salute di questi due fiumi simbolo dipende una popolazione di oltre 500 milioni di abitanti. Yangtze e Mekong in Cina e nel sud-est asiatico sono principalmente minacciati da inquinamento e sfruttamento eccessivo della pesca. Lo Yangtze rappresenta il 40% delle risorse idriche della Cina e da esso dipendono più del 70% della produzione nazionale di riso, il 50% di quella di grano e più del 70% delle risorse ittiche: in una cifra questo bacino rappresenta il 40% del PIL cinese. Negli ultimi 50 anni i livelli di inquinamento sono cresciuti del 73%, con un totale di 25 tonnellate tra acque reflue e scarichi industriali. Il Mekong – il più grande bacino fluviale del sud-est asiatico – è tra i più intatti e quindi tra i più pescosi con un valore commerciale dei prodotti ittici pari a più di 1,7 miliardi di dollari ma la pesca eccessiva e le pratiche illegale rischiano di privare 55 milioni di abitanti della loro principale fonte di sostentamento (l’80% delle proteine animali viene dal Mekong).
"La fotografia della situazione di questi grandi del mondo ci aiuta a capire quanto il diritto fondamentale e inalienabile dell’uomo all’acqua sia seriamente a rischio - ha dichiarato Gianfranco Bologna, direttore scientifico del Wwf Italia - . La parola d’ordine, non ci stancheremo mai di ripeterlo, non può che essere gestione integrata dei bacini fluviali, cioè una visione unitaria degli interi bacini idrici capace di rendere, come obiettivo fondamentale della loro gestione, il buono stato ecologico di salute degli stessi. E’ indispensabile una forte cooperazione internazionale, buona volontà e lungimiranza per ottenere questi risultati. La buona salute e la vitalità dei sistemi idrici è una vera garanzia del nostro benessere. La nostra priorità deve essere l’eliminazione delle minacce che oggi distruggono queste grandi arterie della Terra”.
Tgcom
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